A fimmina nura




Fino ai primi degli anni Cinquanta sulla piazza principale di Gela troneggiava un busto marmoreo di Re Umberto I. Realizzato con marmo di Carrara dallo scultore palermitano Antonio Ugo e inaugurato nel 1903, tre anni dopo l’assassinio del monarca, fu voluto allora da tutta la città perchè rappresentava il sentimento di amor patrio e la dedizione alla casa sabauda dei gelesi. Nel 1952, al posto del busto del re, non si sa per quale recondito motivo, fu impiantata una statua bronzea di una florida donna nuda raffigurante, si disse, Demetra, dea greca delle messi. La statua, opera dello scultore bagherese Silvestre Cuffaro, fu commissionata dalla Regione Siciliana e regalata al compianto On.le Salvatore Aldisio il quale pensò bene di donarla alla sua città natale, anche se non sapeva di preciso che cosa raffigurasse. Infatti, nel giorno dell’inaugurazione, alla presenza di autorità civili, militari e religiose e di una strabocchevole folla che riempiva completamente la piazza, la gradinata e il sagrato dell’antistante chiesa Madre, il bronzo arrivò chiuso in un contenitore; di quello che accadde durante l’apertura dello stesso, lasciamo la  narrazione alle parole di Curtis Bill Pepper, uno scrittore giornalista americano presente alla cerimonia, il quale scrisse un articolo dal titolo “It happened in Italy” (E’ accaduto in Italia) di cui ne sintetizziamo  il testo.
    Nel momento solenne dello scoprimento, contrariamente a quanto di solito accade, non ci furono né grida di gioia né battute di mani, ma un silenzio tombale che calò tremendo sulla piazza. La folla che assisteva alla cerimonia rimase incredula e ammutolita nel veder comparire in tutte le sue fattezze una statua di una femmina completamente nuda con un drappo che succintamente ne avvolgeva anteriormente il bacino nella parte più intima: a Gela “nulla di simile si era mai visto”. Dopo l’iniziale smarrimento dei presenti, cominciarono a levarsi delle grida, quello di una donna “…ma è completamente nuda” e di un’altra “…non fate guardare i bambini”. Il compianto parroco della Madrice Mons. Gioacchino Federico, che doveva benedire il dono di Alfidio alla città, ripresosi dallo sgomento non potè fare a meno di gridare “bruciatela…, è un insulto continuo di fronte la chiesa, una tentazione diavolesca per i ragazzi giovani che vengono tentati prima del loro tempo”. Intanto, mentre “gli amanti dell’arte” e i “moralisti scioccati” dibattevano sul togliere o lasciare “la donna nuda” in piazza, alcuni volenterosi cercarono di porre rimedio a “tale vergogna” ricoprendo la statua con della stoffa, ma “il rimedio risultò peggiore del male” in quanto quel  drappo la fece diventare più sexy di quanto non fosse.
    Comunque, nonostante la contrarietà del parroco e di molte altre persone, fu deciso lo stesso di lasciare la statua nuda in piazza, anche se temporaneamente nella prima decade di settembre di quell’anno, fu tolta dal suo piedestallo in occasione dei festeggiamenti della Patrona di Gela alla presenza del vescovo della diocesi.
    Da diversi decenni si discute se far togliere o meno questa statua bronzea di Demetra (o Cerere ) e far ritornare il busto di Umberto I che da tempo si trova dimenticato in un angolino della Villa Comunale, ma più tempo passa e più tali discussioni diventano inutili. E così la fasulla Demetra continua a mostrare imperterrita le sue rotondità, una volta scandalose, tra l’indifferenza della gente che sosta in piazza.



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